Editoriali
Alla domanda: “Perché i seminari si svuotano e le vocazioni sacerdotali sono sempre meno in Europa?”, non si può che rispondere: “Perché non siamo più capaci di gioia e di speranza”. I preti, infatti, sono nella Chiesa e nel mondo a servizio della gioia e segno della speranza. Se la gioia e la speranza scarseggiano, anche i sacerdoti vengono meno. Se, poi, in un mondo soddisfatto di cose materiali, qual è oramai il nostro, la gioia e la speranza sono percepite addirittura come superflue, anche il prete diventa anacronistico. La crisi delle vocazioni alla vita religiosa, e in particolare al sacerdozio, è la conseguenza della crisi di civiltà che l’occidente sta attraversando. È in questa particolare situazione, perciò, che l’ordinazione sacerdotale e la prima messa di un figlio della nostra chiesa di S. Sisto ci fanno sperimentare in questi giorni il cattolicesimo come la religione della gioia e della speranza.
Ma cosa accade quando si diventa prete, cosa inizia a partire da quella che è la “prima messa”? Dove cogliere l’essenza del sacerdozio oggi, nel tempo in cui il modello sacerdotale è percepito dalla nostra società come un “ferro vecchio”? In realtà il prete novello, nel momento in cui è donato alla Chiesa con l’ordinazione sacerdotale, permette alla Chiesa stessa di riscoprire e risignificare l’esclusività del servizio sacerdotale per una comunità. Comunità chiamata a riaffermare con fede che il Dio in cui crede sia il Dio del cielo e della terra, e così riscoprire che lo specifico del ministero sacerdotale risiede nel celebrare le Lodi di Dio attraverso l’Azione liturgica fatta di Parola e Pane. Parola e Pane, due elementi che compongono La messa e che consegnati nella comunità in preghiera dalle mani del prete, sono cuore e segno della vita credente e ne costituiscono l’identità, unico antidoto contro la decomposizione in atto nella nostra società material-edonistica. Il sacerdote si fa così, per chiamata, portatore agli uomini del Dono della Parola e dell’Eucaristia mostrando Gesù come Via, Verità e Vita. In una società che ipotizza “la morte di Dio”, che confida solamente nelle proprie abilità e nella felicità momentanea e che, pur originata da un’esperienza credente, si fa sempre più sospettosa e ostile verso il cristianesimo, rinnegandolo e recidendo con esso ogni legame.
Proprio qui e adesso Dio vuole mostrarsi vivo e non morto: Lui c’è, la Parola e l’Eucaristia rimangono anche in un mondo estraneo e talvolta nemico. Il Suo cuore ancora batte per l’umanità anche quando questa Lo ignora, rinnega o bestemmia. Ed è proprio qui che il prete trova il motivo originario per la sua missione e la sua azione pastorale: l’Azione liturgica rivela la presenza del Crocifisso – Risorto e ci fa Chiesa chiamandoci alla fede. Con la celebrazione della messa i credenti accedono alla propria vera identità umana: figli del Padre in Gesù Cristo. I giovani preti che in questi giorni celebrano per la prima volta la messa scoprono e mostrano a noi come Dio sia necessario perché l’uomo sopravviva; come in specie oggi siano necessari i preti perché rimanga viva la Parola e sia possibile avere Pane eucaristico. Le città che l’uomo pianifica e dove pensa solo a se stesso si fanno sempre più smart, ma al contempo sono sempre più invivibili. Hanno bisogno di respirare l’eterno perché possano avere ancora una dimensione umana. Gli uomini hanno bisogno di imparare di nuovo a cercare e vedere nell’altro e nella creazione il volto di Dio per affrontare la vita con gioia e speranza. Non c’è necessità solo di nuove tecnologie o di una transizione che sembra non avere capo né coda. Nel decomporsi della nostra società occidentale si ha sempre più bisogno di lasciarci incontrare da Dio. E il prete è al servizio di questa gioia, della nostra gioia. Ringraziamo il Signore perché la nostra Chiesa di Bergamo ancora vive, perché ancora celebriamo liturgie nelle nostre chiese parrocchiali, perché oggi ancora una volta, in questa comunità di Colognola, un giovane uomo ha osato dire “Sì”. Dio chiami ancora altri a sé perché non vengano meno La Parola e il Pane. E perché nelle nostre città risuoni ancora l’Inno di Lode e di ringraziamento al Padre di tutti.