Editoriali
La recente esortazione apostolica Laudate Deum, sulla cura del creato, si prefigge di dare continuità all’enciclica Laudato Sii, proponendo di leggere il tema ecologico in chiave ambientalista, lasciando così sullo sfondo la prospettiva più ampia di una “ecologia integrale”. I cambiamenti climatici sarebbero così “evidenti” e “innegabili”, fino quasi al dileggio di chi non ne condivida completamente la prospettiva. Anche se suffragati da dati scientifici. Così Laudate Deum non solo amplifica il dibattito sui temi ambientali urgenti, ma si presta, suo malgrado, come motivo di divisione tra posizioni differenti o contrapposte sul tema. E ciò, soprattutto all’interno della Chiesa. Individuo nella categoria della “prevenzione” una chiave di lettura delle sfide ambientali contemporanee ed essa ci permette di avvicinare le questioni concrete relative al degrado e allo sfruttamento del pianeta non immediatamente in prospettiva quantitativa, bensì inquadrandolo in un contesto più ampio, in una visione di senso dell’abitare la terra, capace di stimolare una riflessione sui comportamenti umani. Interpretare dunque la categoria della prevenzione in senso lato, che muova dalla consapevolezza delle urgenze e dalla necessità di tutela della natura quale bene comune, in quanto bene di tutti.
Si impone così la necessità di un riesame critico di come la cultura attuale ha affrontato la modernità. Siamo tutti consapevoli che ci sono stati dei limiti interpretativi, cioè si è pensato il creato troppo spesso come realtà senza la bellezza e la dignità di creatura, e senza considerare le conseguenze concrete ad opera degli umani, allorché l’uomo ha agito con arroganza, mirando al dominio del mondo naturale.
La Chiesa nei suoi numerosi interventi, fino ai più recenti di papa Francesco, insiste sulla bellezza del cosmo e chiede all’uomo la disponibilità ad una nuova ecologia umana che miri a “rifare l’uomo” riconciliato con il creato. Ci troviamo in un preciso snodo storico: in questi ultimi decenni a livello globale si sente, infatti, la necessità di uscire dalla crisi della modernità, di superarne i limiti conseguenti al meccanicismo, economicismo, antropocentrismo, utilitarismo, che sono stati innalzati ad una fragile egemonia, carente di una radicata consistenza morale e culturale.
In questa prospettiva le sfide ambientali come il cambiamento climatico e l’uso indiscriminato del territorio rappresentano, oggi, un grave e inderogabile tema controverso per la comunità mondiale.
Infatti la terra e tutti i suoi ecosistemi costituiscono un dono prezioso che abbiamo ricevuto e che dev’essere trasmesso in modo corretto alle future generazioni. Cosicché, di fronte alle sfide globali – economiche, ambientali o sociali – siamo chiamati a vivere in modo da mostrare i valori del bene comune nonché il nostro rispetto verso la natura.
In un mondo dotato di risorse naturali “non illimitate” vogliamo promuovere uno stile di vita che prevenga (è questo il significato della prevenzione nel suo senso più alto) ogni forma di spreco e di abuso verso la natura e che favorisca una doverosa e saggia amministrazione di tutte le risorse. Le problematiche ambientali di cui si discute con urgenza e le sfide da affrontare come gli effetti dei cambiamenti intervenuti non hanno a che fare solo con gli aspetti tecnici. Etica, cultura e religioni sono elementi sostanziali per promuovere ed accrescere nella comunità mondiale stili di vita dai quali partire, se si vogliono affrontare le criticità ambientali assicurando uno sviluppo umano integrale. Soltanto con un’ecologia umana, che tenga conto dei diritti, ma anche delle responsabilità che abbiamo gli uni verso gli altri, si promuoverà un’integrale educazione ecologica. In questa prospettiva il tema centrale per il presente e il futuro è riuscire a fare in modo che l’umanità possa vivere in maniera dignitosa ed equa senza distruggere irrimediabilmente i sistemi naturali. A fronte della sfida globale che oggi ci aspetta, il profilo etico che emerge è riassumibile in alcune parole sintetiche, ma, al contempo, estremamente significative: vogliamo impegnarci non a dominare, ma a prenderci cura, migliorare, comprendere. La Chiesa, che non può essere “chiesa militante”, ma “Chiesa profetica”, propone quale cura della “casa comune” l’attivazione di un’etica della responsabilità che promuova un nuovo risveglio delle coscienze per un autentico rispetto verso la creazione e verso tutte le forme di vita, contemporaneamente verso una più operosa solidarietà nei confronti degli scartati della società, con un’assunzione di una responsabilità che metta al centro dello sviluppo sostenibile i poveri, il pianeta e le giovani generazioni. Una rinnovata responsabilità etica, di cui tutti siamo attori, a cui nessuno può sottrarsi e che parta da un serio esame di coscienza sui nostri comportamenti. È questa responsabilità la risposta più attrezzata per fronteggiare quel disagio della civiltà, sempre più manifesto, che è anche espressione di un’inadeguatezza del modo di pensare e delle pratiche di vita nei confronti delle sfide che l’attuale sviluppo del pianeta esige. Così potremo, sinceramente, dire: Laudate Deum.