Editoriali
“…Un angelo del Signore apparve in sogno a Giuseppe e gli disse: «Alzati, prendi con te il bambino e sua madre, fuggi in Egitto e resta là finché non ti avvertirò: Erode infatti vuol cercare il bambino per ucciderlo». Giuseppe si alzò, nella notte, prese il bambino e sua madre e si rifugiò in Egitto, dove rimase fino alla morte di Erode, perché si compisse ciò che era stato detto dal Signore per mezzo del profeta: Dall’Egitto ho chiamato il figlio mio”.
Mt. 2, 13 – 15
L’incontro natalizio tra Gesù e l’umanità si ripropone su una Terra che sembra non appartenerci, una terra che l’uomo non ha né rispettato né custodito. Una Terra degradata dallo sfruttamento che l’uomo ha fatto della natura e dei suoi simili, in una storia ancora lacerata dalla violenza e dalle guerre, con un’umanità desolata e le civiltà in declino. Nell’attuale condizione storica, agli occhi di chi ha fede, possiamo vedere in Gesù, grazie alla sua incarnazione, l’inclinazione amorosa e misericordiosa, appassionata di Dio verso di noi. Tale inclinazione Lo porta a condividere non solo la nostra storia quando essa è felice, bensì anche tutte le nostre storie “sbagliate”. Le prende su di sé, facendosene carico, ultimo tra gli ultimi, escluso con gli esclusi, sofferente con i sofferenti… per riportare ciascuno alla Verità della propria identità e favorire così il dialogo fraterno con lui e tra di noi. L’immagine, a mio parere, più rappresentativa quest’anno del Natale cristiano la colgo nella scena successiva a quella tradizionale della Natività a Betlemme: nel “Riposo nella fuga in Egitto”. Nell’arte questa scena la troviamo dipinta, tra gli altri, dal giovane Caravaggio ed è custodita nella Galleria Doria Pamphilij a Roma. La tela rappresenta la Sacra Famiglia a riposo – durante la fuga dalla terra violenta di Palestina – in un luogo di pace e di serenità, dove il dramma dell’odio, della violenza e della guerra scompaiono: il Bambino Gesù dorme in braccio alla sua mamma, cullato dalla ninna-nanna suonata da un angelo. È qui che si coglie il Natale di oggi.
Consegno all’arte il compito di cogliere quei momenti di “buono” e di “bello” che tutte le considerazioni e le azioni poste in essere dai drammi che l’umanità sta vivendo in questi giorni, non sanno né comprendere disinteressatamente né affrontare perché ci sia una qualche risoluzione. Nella tela del Caravaggio vediamo rappresentato un momento di riposo e di tregua nell’angosciosa fuga di una famiglia perseguitata, braccata da un editto malvagio e irrazionale; un momento di serenità in mezzo al turbinoso susseguirsi di tensione e paura, di fatica e dolore. Tutto questo Caravaggio lo raffigura in una scena dolcissima in cui spiritualità e poesia si immergono in un perfetto insieme nella realtà quotidiana.
Nel «Riposo nella fuga in Egitto» la Santa Famiglia è colta in un momento di pace: sta scendendo la notte, Maria si è assopita insieme al suo bambino addormentatosi tra le sue braccia, Giuseppe veglia ma è rapito da una visione celeste, un angelo suona dolcemente la viola, con cui probabilmente sta cullando la divina famiglia, e Giuseppe gli regge lo spartito. Gli occhi stupiti dell’asino si uniscono a quelli incantati di Giuseppe mentre sembra anche a noi di udire il crepitio delle foglie di quercia seccate dal vento gelido della notte incipiente. Ancora una volta Caravaggio sa stupirci mostrandoci, con il gioco delle luci e delle ombre, il cuore della realtà. Ci rivela quale pace alberghi nel cuore di chi spera in Dio, ce lo racconta nella vicenda drammatica che sta vivendo la Santa Famiglia: fermatevi – sembra dirci – nella vostra corsa sanguinaria, fate cessare l’odio e la violenza, basta fuggire da voi stessi e dalle vostre responsabilità, riposate anche voi, cercate e trovate il cammino della pacifica convivenza. In questo Natale lasciamoci abitare dalla presenza divina così da trovare insieme la via della pace.